Saint Seiya/I Cavalieri dello Zodiaco GdR - The Saint Order

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  • Hyöga I, August-Shariyar von Axel.
    Imperatore della Magna Atlantis.


    " All'alba dei vent'anni, l'Imperatore Hyöga passava a giusto titolo per il più bel gentiluomo e per il più elegante cavaliere dell'Impero dei Mari.
    Aveva una foresta di capelli dorati, di quella stessa tinta cui Tiziano attinse per colorare il crine ad ognuna delle sue Maddalena; mentre gli occhi, azzurri quanto austèri, erano sormontati da magnifiche sopracciglia, che avevano però il difetto di aggrottarsi spesso con un'espressione di fermezza insolita in sguardi così belli; mentre la bocca, che in tantissime sfiorarono ma che nessuna seppe rapire, era invece adorna di bei denti che ne mettevano in risalto le labbra, il cui carminio troppo vivo contrastava con il pallore delle carnagione.
    Infine un neo, più piccolo di quanto non fossero d'ordinario questi capricci della natura lì all'angolo della bocca, finiva per il dare alla sua fisionomia un carattere deciso e affabile allo stesso tempo.
    Ricco come uno di quei pascià dalle 'Mille e una notte', onnipotente in un regno che egli sconvolgeva e calmava a suo capriccio, facendone scenario di sfarzosi ricevimenti, di movimenti artistici e di un libertinaggio smodato, August-Shariyar von Axel, conosciuto anche come Hyöga I, conduceva una di quelle esistenze favolose che rimangono nel corso dei secoli come una meraviglia per la posterità. Cosicché, sicuro di sé stesso, eccentrico, arrogante e narcisista oltre ogni limite, nonché fermamente convinto della sua potenza e quindi certo che non avrebbero potuto colpirlo le leggi che governavano gli altri uomini, egli andava dritto alla meta che s'era prefissa, fosse pure stata quella meta così elevata da risultare follia per un altro il sognarla soltanto.
    Marionettista di terre, teneva stretta nel suo pugno la cartina dell'intero mondo decidendo ora di cancellare, ora di legiferare, or'ancora di accorpare, muovendo i fili di tutte le nazioni facenti parte del suo palcoscenico, nell'inseguimento di un copione che, probabilmente, solo un fanciullo con in mano una spada di legno avrebbe potuto bramare. Poesia e maestà, dunque, consacravano tutte le forme vegetali andanti incontro alla leggenda di quell’uomo, che si avvolgeva ai tronchi del peccato fiorendo trai rami dell'ambizione.
    "