Saint Seiya/I Cavalieri dello Zodiaco GdR - The Saint Order

Luogo: Santuario dei Mari

Il Tempio del Generale Hyoga.

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  1. |Poseidon|
     
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    Santuario dei Mari.

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    Panoramica Interna.


    Scalinata che porta al mausoleo entro il quale sono custodite le vestigia degli altri General Marines.
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    Sontuoso portale dietro il quale vi sono le stanze del Generale Hyoga.
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    Mausoleo ove sono custodite le vestigia degli altri General Marines.
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    Edificato da Nettuno nei tempi antichi, in classico stile greco, è divenuto di proprietà del Generale Hyoga che, una volta divenuto Imperatore, ne ha preso il pieno controllo ristrutturandolo in modo da portarlo agli antichi splendori facendone alfine la sua dimora.
    All'ingresso ci sono quattro statue di sfingi marine. Il tempio è molto esteso, soprattutto in larghezza; al suo interno ci sono appartamenti privati, piacevoli percorsi con cascate, il deposito delle armature e porte finemente decorate.

    Vi è inoltre una spessa lastra di ghiaccio edificata dallo stesso Generale Hyoga, la quale ha il compito di impedire l'ingresso a chi, guidato da intenzioni bellicose, tentasse di varcarla. Questa lastra di ghiaccio può essere frantumata solamente da una temperatura ancor più vicina allo zero assoluto di quella raggiungibile dal Generale Hyoga in persona.


    Edited by Hyoga - 27/7/2008, 02:12
     
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  2. RoSeNWeiß
     
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    “Non voglio divertirmi da solo. Sbrigatevi bestie.”

    Terza ed ultima volta che solca il nero portale, s’inginocchia in silenzia dinanzi alla scalinata conducente all’atrio del Santuario.
    Una struttura fiera e classica allo stesso tempo.
    Solitaria, purtroppo.

    Storce il labbro superiore il Giullare, come fosse dinanzi ad un quadro di alletto misero per i gusti suoi.
    Le gambe incrociate ed i gomiti posti sotto al mento riecheggiano una postura annoiata ed evocante tedio galoppante.


    “Quanto ci mettono? Ho fretta, Nichts mi aspetta.”

    SPOILER (click to view)
    IZZIO e marilyn™ raggiungetemi qui appena avete finito.

     
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    » Sono stufo di aspettare. Ucciderò i gatti, come i topi. «

    Si voltò.
    La pazienza del giullare aveva raggiunto il limite. Il pugno si torse su se stesso, segno tangibile della caduta dell’indulgenza sinora palesata.
    La mente sua, allora, parlò ai due schiavi, non vibrando verbo alcuno per bocca, ma sol per labile e fulgido impulso nervoso.

    » SBRiGaTeVi. La Mia PaZieNZa Si STa eSauReNDo e CoN eSSa PoRTeRà Via aNCHe Le VoSTRe aNiMe. «
     
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    Intro: Il passato del Generale.


    E' permesso? Spero di non disturbare, colui che vi parla è un araldo, anzi no, un cantore, ma c'è poi differenza?
    Cosa? Chi sono io? Potrei etichettarmi come un poeta qualunque, ma quanto sarebbe attendibile?
    Ebbene, la prosa che v'apprestate ad origliare narra delle imprese - se così m'è dato chiamarle - di colui che fu il più grande condottiero di tutti i tempi, l'eroe considerato il più virtuoso tra i baldi, l'essere il cui nome è oramai divenuto leggenda, nelle menti e sulla bocca di tutti.
    Eppure anch'esso, sì, persino lui, per quanto difficile a credersi, avea lo sfregio di una debolezza; ai più incognita, fortunatamente, ma quanto può far male una voce stridula in un coro di voci melodiose?
    Massì, questo lo lascerò al vostro desumere, così io, anche se per poco, lasciandomi in eredità null'altro che poche rime cantate mi stenderò qui, addormentandomi in quell'enno che da anni auspico...

    ~ Or vi si racconta di quanto accadde all'incirca tre anni orsono, quando il giovane Hyöga August-Shariyar von Axel, oggi Imperatore dei mari, atro non era che un dei sette generali subordinato al Dio Nettuno. ~


    Qualche ora prima - Il mausoleo Reale.

    Facendosi lustro dell'uniforme militare, il Generale dei Mari arrivò cavalcando fino all'ingresso di quell'insigne struttura.
    Una volta sceso da cavallo, scorse da lungi la sagoma del Re Nettuno, lo stesso uomo che giorni prima gl'aveva conferito il titolo di massimo rilievo marziale, insomma, un uomo la cui stima verso Hyöga non veniva certo a mancare.
    Superò, quindi, quell'esigua porzione di terreno che lo divideva dal suo Re, esibendosi - una volta di fronte a questi - in un riverente inchino: nemmeno poi tanto sentito, in quanto subito il sovrano dei mari s'ottemperò a fermare il ragazzo, dilungando la mano destra fin sopra l'altrui spalla, quasi volesse saltare quei così bigotti convenevoli.

    "Salve, Re Nettuno."
    "Ti stavo aspettando, August-Sharyar."
    "Aspettava me, Sire?"
    "Oh certamente! Isabelle non ti ha riferito nulla?"
    "Sì, e non le nascondo essere proprio questo il motivo delle mie perplessità."
    "Uhm..." Temporeggiò qualche secondo in più prima di continuare; "Ho saputo della tua vittoria, l'ennesima."
    "Ebbene? Sia più chiaro."
    "Ditemi Generale...Temete forse qualcosa?"
    A metà tra il dileggio e una genuina curiosità a riguardo, il Dio Nettuno porse la sua domanda al subordinato.
    "Continuo a non comprendere signore, in che senso temere?"
    "Da quando salvandoti dalle acque della morte io ti condussi qui, hai elargito gloria e onore al mio regno portandolo a innumerevoli vittorie; persino contro gli Spectre da sempre ostici nemici, hai pianificato i fili d'una vittoria impeccabile, impugnando nuovamente la palma dei campioni, quella dedita ai migliori fra i condottieri di tutti i tempi."
    "Sire, tutte queste lusinghe mi rallegrano, ma suvvia, so benissimo che mia presenza qui non l'ha certamente richiesta per glorificarmi dei miei trionfi... Dico bene?"
    "Tra ventiquattro ore da adesso giungerà a corte un uomo che reclamerà le mie divine vestigia. Secondo quanto dettomi dall'oracolo, inoltre, tutti i Generali Marines periranno in battaglia insieme al loro Dio."
    "E quale sarebbe il mio ruolo in tutto ciò?"
    "Il tuo ruolo? A te spetterà il compito di riedificare il Regno Marino, addestrando una nuova generazione di cavalieri marini per far si che un giorno, quando potrò nuovamente reincarnarmi qui sulla terra, avrò i mezzi adatti per conseguire la mia vendetta."
    "Quindi cosa dovrei fare?!?
    "Nulla di impossibile, ragazzo, non dovrai far altro che cedere la divina armatura dei mari dichiarandoti sconfitto..."


    Il giorno dopo.

    Giaceva lì, arcuato in una mesta postura sulla balconata che tante emozioni gl'avea donato, proprio a pochi metri dall'assoggettato mare.
    Vedeva la vita dal fondo d'un bicchiere, laddove persino lo squisito sapor del vetusto nettare l'avea da tempo immemore abbandonato. Il capo, s'accomodava in avanti anch'esso logorato, lasciando che la madida chioma si addentrasse nel medesimo calice, dove ore prima il giovine sfogò le sue malinconie.
    Degradando le pupille avrebbe assaporato appieno la fierezza di quel vino, in quei pochi secondi di estasi il guerriero vi trovò la pace, proprio come l'amoreggiare di due giovinetti, in egual modo il suo corpo rispondeva a quell'irrefrenabile stimolo di libidinoso masochismo. La pace poi, forse sarebbe più corretto definirla una tregua la sua, un patto di non belligeranza che perdurava dall'attimo in cui la bottiglia venia stappata, a quello successivo dove immancabilmente il calice, già vuoto, reclamava altro sangue.

    Afferrò quindi una bottiglia di quel delizioso nettare, stappandola e riversandone lo scarlatto liquido in un elegantissimo calice di cristallo che, con una movenza quantomai cogitabonda, il ragazzo roteava agiatamente, quasi quel singolare atteggiamento l'aiutasse a riflettere.

    Eseguire gli ordini, accaparrandomi tutte le grazie di Poseidone, che pure di recente ha dubitato della mia fedeltà; oppure non dare peso ai suoi ordini, trucidando l'uomo che si dice metterà fine alla sua vita terrena? Non voglio dichiararmi sconfitto, eppure... questa sarebbe la strada più semplice per raggiungere il mio obiettivo."

    Destandosi dalla stantia posizione, s'incamminò a passo lento verso l'uscita, facendo a fie' petto sfoggio del cavalleresco decoro emancipato dalla minuziosa uniforme color porpora, sopra la quale innumerevoli medaglie trovavano spazio e gloria.
    Come chi non ha più fretta, poi, s'imbattè infine nell'uomo del vaticinio. Noncurante della piega che di lì a poco la storia avrebbe preso, il General Marines preferì non sottrarsi a quella che era la sua indole: “Dopotutto canzonare l’avversario è di per sé un modo per rendergli omaggio. Il fatto stesso che io mi sia trattenuto qui, nonostante la dipartita del Dio Nettuno e privo delle mie vestigia, è da leggere per lei come un’offesa... dico bene Messer?"




    L'ho scritto tra un'interrogazione e l'altra; perdonami per la lunghezza ma volevo in un qualche modo giustificare la presenza di Hyoga lì.


    Edited by Hyoga - 8/11/2011, 15:03
     
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    » ..il Giullare di Shakespeare ha visto morire una famiglia intera. E se per te questo è “rendere omaggio”, ti accontento subito. «

    Non ha gradito e si nota perché la sua espressione cambia colore e quadro, e si tinge di nero. Il cerone candido in volto si dilegua e l’ombra prende il sopravvento colorando di nero le gote. I capelli s’allungano, improvvisamente, fino ai piedi. Coprono anche il viso e un cilindro di pelo si compiace di se stesso, come un cactus in mezzo al deserto.
    Che scena esilarante.

    » Il tuo Dio, prima di raggiungere il paradiso della spazzatura, ti ha informato del perché sono qui? «


    Edited by Rosen PNG - 16/1/2008, 23:57
     
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    "Informarmi del perchè lei è qui?" Indugiò qualche attimo, il tempo di acconciarsi il crine con la man destra, tinteggiando in volto un riso quantomai divertito per l'accaduto.

    "Sa, è stato proprio questo il primo degli innumerevoli quesiti posti al Dio Nettuno nella giornata di ieri." Intimando assenso col capo proseguì borbottando nella sua canzonatura.
    "Risposta invero non mi fu data; eppure adesso, vedendola, tutti i nodi sembrano venir al pettine. Le spiego subito, lei non sa Messer quanto il buon Poseidone vedesse di buon occhio la cosiddetta età di mezzo, con le sue pregevolezze e i suoi difetti, i balli, le dame ampollose, le armature boriose e perchè no, anche i saltimbanchi.
    Deve sapere pertanto, che non avendo altri dati ho motivato la sua presenza qui dando per buona l'induzione che un Re, dopotutto, non sarebbe nulla senza il suo giullare... dico bene?"


    Fletté a quel punto le tronfie labbra, sciupandosi inesorabilmente in un nuovo sorriso, uno per ogni maldicenza, quasi fosse un fanciullo troppo spregiudicato di fronte ad un fucile pronto a sparare. In fin dei conti la farsa doveva apparir il più possibile spontanea, non dando per nulla modo alla controparte di presagire quale fosse l'intento ultimo del Generale, zelante al punto da fingersi sfinito -mettendo da parte l'orgoglio- deponendo le armi e dichiarando infine la resa, proprio come ordinatogli dal Dio dei mari.

    "Dov'ero rimasto? Ah sì alle parole di Nettuno; vede, tra gli ordini di sua maestà v'era anche quello di metterla a tacere per sempre, eppure sono qui, a parlare con lei e a perder tempo senza sottrarla a questi secondi di vita che ancor la ricordano nel mondo dei vivi... Non sono misericordioso?"

    Estraendo, quindi, con somma signorilità la spada dalla guaina in oro, il General Marine intensificò di colpo il cipiglio espressivo, volgendo nuovamente il suon di afflitti verbi al suo dirimpetto.

    "Non me ne voglia Messer, ma nel florilegio delle mie tecniche suppongo ve ne sarà pur qualcuna che le si addice, or dunque allora il tempo stringe, non temporeggi oltre."



    Edited by Hyoga - 8/11/2011, 15:04
     
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    » Un bel parlare, non c’è che dire. Sono meno meticoloso di Voi nello scegliere i vocaboli. Ho traghettato sei, e forse più, vite attraverso il Sonno per arrivare qui.. a reclamare ciò che spetta me, o meglio al mio Dio. Voi avete qualcosa che mi interessa e soprattutto che non vi appartiene. Lo possedete perché avete paura e questa paura vi porta a vestirvi eleganti, a gingillarvi con una spada di latta, a innamorarvi del vostro bel dire, a rimirare nello specchio il riflesso del sole incastonato nei flessuosi e morbidi capelli. «

    Il Giullare è un essere saggio, lo è sempre stato nell’antichità ed anche oggi tende a non smentirsi. Ha il fascino e l’eccentricità necessaria a ingannare lo sguardo, perché le sue parole sono sempre cariche di doppi sensi e velati intenti.
    Si dondola avanti e dietro sulla pianta delle scarpe dalla punta ricurva, ciondola il capo, spenzola le braccia verso il copricapo stravagante e bizzarro.
    E il suo viso è dipinto.

    Il capelli che fino a qualche secondo fa lo avevano ricoperto interamente, da capo a piedi, ora erano tornati normali, la sua stessa figura era tornata normale.
    O forse no?

    Con il dito indice della destra inizia ad orchestrare il volere: dipinge nell’aria il simbolo celeberrimo dell’infinito, quel doppio otto stesso su di un fianco e così dannatamente ricorsivo. Monotono. Incantevole.

    » Mi è stato ordinato di ucciderti.. e io non c’è stata volta che non abbia portato a termine missione. Nettuno mi adorava per questo. Eri ancora nel grembo di tua madre quando io onoravo questo impero e nascondevo i suo crimini macchiandomi del reato di essi. Proclamavo l’ascesa della giustizia pagandone il dazio. Tu non sai chi sono io.. ma di certo non apparivo meno Giullare di come sei tu ora.. al tempo dei miti e delle leggende. «

    Un motivo dunque per l’abbigliamento e per scongiurare l’eccezione alla regola del più classico dei motti: l’abito non fa il monaco.
    Misteri e ombre salgono sul palco della scena ed iniziano a cantare.

    » Ho conosciuto l’esilio e mirare da lassù il mare e l’oceano mi fece comprendere il valore dell’egoismo e della cupidigia. Mi apro con te perché sono certa che sarò l’ultima persona alla quale potrai replicare. Te lo dico con il cuore in mano. «

    E apparve proprio un cuore pulsante, invece, nella mano sinistra.. rosso di sangue e caldo di uomo. Una illusione semplicemente perfetta. E lo mostra al Cavaliere.

    » Il Regno dei Mari è scomparso con me.. tanto tempo fa. Non sei abbastanza, non sei abbastanza.. per capire. Mi accontento che tu possa ancora udire. La Luna ha sempre controllato il Mare, e il Mare, suo unico amante, l’ha sempre rispettata e protetta, fino ad allora..«

    Un lungo sospiro. A pieni polmoni.
    Svanisce la sua smania d’essere folle e spietato. Si smaschera per qualche minuto.

    » Consegnami l’Armatura e blindala per me in un cubo di ghiaccio eterno. E gioisci.. «

    Un cambiamento mirato? La vera faccia di un essere spregevole e senza eleganza. E quel riso.. stentato.

    » ..altrimenti sarai te stesso, alla fine, ad urlare il mio VERO nome. «
     
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    Un pugno d'ebano dissipato all'insù di una tavola in avorio.
    Un fiammingo sole inchiodava il giorno proprio come le rondini, che infilando pensieri scrivevano il cielo della loro corvina essenza squisitamente in contrapposizione con esso.
    Sì, proprio l'ebano, allegoricamente-parlando quella macchia si sarebbe espansa riempiendo in breve l'intera tavola. Non ne era certo, ma lo percepiva appena, di lì a poco l'intero mondo avrebbe imboccato una svolta epocale; a quel tempo, Hyoga, era ancora giovane ed inesperto per comprendere quanto l'osservanza di quell'ordine impartitogli da Nettuno potesse far pendere inevitabilmente l'ago dalla parte di una fazione o l'altra.
    Dunque, si sforzò di rapprendere quel pò di dignità rimastagli in un sorriso, benché esso avesse più il sapore di un pianto che d'una simile ilarità. Deciso poi nel non esternare alla sua controparte i malumori dovuti al fuoco di una sconfitta, la prima per lui materializzatasi sulla sua testa prim'ancora di ricevere il responso della contesa, il General Marine chiuse gli occhi. Una nube di fuoco gli bruciava le pupille frattanto che si passò una mano al volto per non cedere dalla rabbia, anche se non poté -nonostante i suoi sforzi- trattenere un cupo gemito che si perse, fortunatamente, tra il rumore delle parole che asserì subito dopo.

    O con quanto ardore gl'avrebbe sputato contro frasi di sfida, o pensieri che in quegli attimi tinteggiavano il suo animo dando vita ad una infinita disputa interiore che sfociò in un pensiero, uno solamente ma che però ebbe l'estro di assetare, almeno in parte, quell'ingombrante senso di vergogna che così voracemente lo pervase.

    "Il tempo degli onori per te presto finirà".

    Riacquistate quindi le idee, Hyoga indossò nuovamente gli abiti da attore, passando subitaneamente da spettatore ad interprete, con una solerzia veramente artistica, s'avrebbe lui stesso detto.

    "Ghiaccio eterno eh... Ma sarà poi vero?"

    Vestita la maschera che il caso richiedeva, si limitò a levare il braccio al cielo lasciando che il Freezing Coffin, tecnica che in passato tante e tante vite avea superbamente stroncato, fosse messa questa volta al servizio d'una terza persona.
    Fatto questo, a passo lento si incamminò verso una meta ignota, lasciando che la mano del misfatto si adagiasse placidamente sul petto, raggelando quel cuore col dolore di una ferita eterna in quanto si sa, un uomo che medita la vendetta mantiene fresche le sue ferite, lasciando che gli occhi fungano da luce, e la reminescenza, altresì, da spada.


     
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    » Non odiare me, sono le stelle a guidare gli animi degli immortali. Coloro che perdono e muoio non fanno che guardarle. Evita di compiere anche tu questo errore. «

    Un velo di poesia, come fosse una mano romantica a dettare legge in quel misero frammento di tempo, sotto un volume di trilioni di litri di acqua salata, sotto gli occhi un Regno ancora in piedi e pronto per essere traghettato verso una nuova era.

    Inevitabile.

    » Il dono che ti farò per aver obbedito è disobbedire a mia volta. Uccidere un uomo che volta la spalle al proprio nemico e asseconda la sua volontà non ha bisogno di andare all’altro mondo, ove tutti, e dico tutti, si sconcerterebbero di ritrovarti. «

    I tacchetti di cuoio iniziarono a rintoccare infausti in direzione dell’atrio del Tempio. Una melodia d’arpa celeste accompagnata da un violino mesto, un pianoforte scordato e una percussione aritmica e in levare.
    Frastornato è il mondo da quella presenza, così shakespeariana, così poco credibile.

    D’ebano allora vuoi tingerla questa tavola d’avorio?
    Non vuoi lasciare il ricordo piacevole di una sensazione, di una emozione.
    Tendi semplicemente a chiudere gli occhi e sospirare?


    » Da una vita spesa per il mare, ad una per condannarlo. «

    S’avvicina alla bara di ghiaccio eterno e la sfiora appena, delicatamente, come rivedesse nelle fattezze di quell’armatura il volto bello e levigato del suo dio.
    Come fosse egli stesso un amante.

    » Mio Signore.. «

    Punta l’indice della mano destra con decorata eleganza, flette il piede destro sulla punta di quello sinistro, inarca la schiena all’indietro, e tange come il becco di un picchio sulla corteccia di un sughero quella lastra gelida di cristallo traslucido.

    E’ un attimo e il tutto si riduce ad un frammento, dopo un lampo intensissimo di vena scarlatta, che si scaglia contro le pareti della sala, le sue vetrate, le scale, la pavimentazione, il cielo, la cupola che il tutto sorregge e il vuoto del cosmo intero.

    Immagina tutto questo: racchiuso in una scheggia di materia.

    Al dazio di ciò una lacrima di sangue sgorga dalla punta dell’indice e si getta nel vuoto, oramai comparso sulla scena, andandosi a schiantare letteralmente in terra, quel lastricato umido e infetto da una assenza già opprimente.

    Quella goccia si tramuta in cristallo e poi ancora cambia, una biglia ovale è poi circondata, agghindata: un ciondolo.

    » Nulla è eterno, ma la mia fedeltà forse sfida questa sorte. Quando vorrai farmi tornare al tuo fianco scalfisci questa preziosa pietra con il cuneo del Suo tridente ed io, come allora, tornerò a vestire i panni di servo fedele e predestinato a raccogliere ordini e supplizi. «

    Porge un inchino di riverenza assoluta e memorabile, per dieci e più secondi.
    Dietro il trucco una maschera che è impossibile da cancellare mostra la vera essenza del dolore e del pentimento.

    » Grazie Nettuno. «

    Svanisce in uno sfolgorio di lunioli, per mai più far ritorno in vesti di assassino e peccatore.
     
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    Indubbiamente è vero che nostalgia abbia quell'arcano di potere di accedere all'animo umano. Come navi che giacciono sul fondo del mare in attesa di Davy Jones, altrettanto le memorie si addensavano nei luoghi più nascosti del cuore. Tuttavia, diversamente che dai relitti, la mente è capace di sondare perfino la più antica emozione. Spinta dalla nostalgia, la riprendeva, ovunque essa fosse, per darle una nuova veste. Pur lasciando, incredibilmente, l'emozione inalterata: la si riscopre, meravigliati, genuina com'era stata in origine.



    Eran queste le sensazioni del Cavaliere.
    Il suo passo lento e cadenzato echeggiava nelle sale vuote. Quanto tempo è passato? si chiese. In realtà si accorse che il tempo non era trascorso affatto. Le sale del Tempio del Kraken erano intatte. Chissà, forse per paura, lo scorrere degli anni non aveva osato sfiorarle. Procedendo adagio sotto le ampie colonne, il Cavaliere rivangò con la mente il passato.

    "Come mai, pur andando per queste sale innumerevoli volte, soltanto ora mi accorga della loro bellezza?"

    Si soffermò soltanto quando fu dinnanzi al trono del Kraken. Poteva giurare che l'Imperatore fosse lì, seduto. Gli stava sorridendo. Alzò lo sguardo, frugando sui drappi rossi che scendevano dietro il seggio reale. Non aveva mai ammesso a se stesso che Hyoga aveva in sé qualcosa che a lui era sempre mancato. Forse il portamento: l'algido muoversi tra mille sottoposti e più cospiratori, quasi che nessuno di essi potesse sfiorarlo. Ed era certo che, in una qualche misura, lui possedeva qualcosa che forse al Kraken mancava. Il fascino? Può darsi. L'audacia? Probabilmente. Oppure, semplicemente, si erano scoperti così affini da non aver mai fatto caso al motivo della loro amicizia. Sì, dopotutto, aveva sempre considerato il Kraken in quel modo.



    "O forse in realtà non notavo la bellezza di questi posti, perché su ben altro era posato il mio sguardo?"

    Si avvicinò al trono. Il fantasma dell'Imperatore si era volatilizzato. Ora non ne rimaneva che uno scranno vuoto. Silenzioso. Quanta gloria era racchiusa presso di esso, di cui più nessuno avrebbe avuto memoria. Ricordò, con vivo trasporto, ch'era sua abitudine disporsi di fianco al seggio imperiale. Svettava sempre dritto. Gli piaceva l'idea che la sua figura, bella e terribile, incutesse timore negli ospiti. Essi, d'altronde, spesso distoglievano lo sguardo da Hyoga, la cui figura poteva raggelarne l'anima. Eppure, guardando altrove, non trovavano la serenità. O ci si sottometteva all'aura austera e dominatrice del Kraken, o si soccombeva al fascino velenoso dei Pesci.

    "Chissà che questo mondo non fosse fin troppo piccolo per te. Sarà questo il motivo per cui, alla fine, vi hai rinunciato?"

    Nel vuoto e nel silenzio di quelle sale, poté udire la sua domanda rimbalzare tra una colonna e l'altra. Così stette, appoggiato al trono imperiale, con le braccia conserte e gli occhi socchiusi. Indugiò nell'attesa. Credette di rivivere quei momenti o che ben presto una voce conosciuta gli avrebbe risposto. Una sciocca illusione, certo. Eppure si è detto che alla nostalgia, spesso, non vi si può porre alcun freno.




    CITAZIONE
    Boh mi è salita al capata.
     
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9 replies since 11/10/2004, 20:24   640 views
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